07/06/2023 VENEZIA – Dopo il maxi blitz contro lo spaccio in via Piave, uno degli arrestati si è tolto la vita in carcere. Era in un programma di recupero presso una cooperativa: “E’ il fallimento dello Stato” commenta la direttrice che seguiva il suo percorso. || Parla la direttrice di produzione della cooperativa Il cerchio, dove dallo scorso novembre, lavorava in semilibertà Bassem Degachi, il 39enne tunisino che si è tolto la vita nel carcere di santa Maria Maggiore, impiccandosi. Faceva parte dei 27 arrestati dai carabinieri nel maxi blitz contro lo spaccio di droga in Via Piave. Quando gli è stata notificata l’ordinanza, il 39enne, in carcere da due anni e mezzo, ha telefonato alla moglie in preda alla disperazione poi si è tolto la vita. Inutile il tentativo della donna di allertare il carcere, anche attraverso il suo legale che ha poi riferito che a settembre si sarebbe dovuta svolgere l’udienza per l’affidamento in prova ai servizi sociali, criticando l’ordinanza che si riferiva a fatti avvenuti nel 2018. Il 39enne, infatti, da circa un anno aveva intrapreso un percorso di recupero con la cooperativa e i risultati erano sotto gli occhi di tutti. Un problema, tra mancanza di giudici e carenza di organico dell’ufficio Gip, sollevato da tempo dal presidente del Tribunale di Venezia: a fronte di un organico di nove giudici, ha dichiarato, quelli oggi operativi sono appena cinque. La coperta è sempre corta, come ha evidenziato l’assessore al sociale. – Intervistati ANNALISA BUSETTO, DIRETTRICE PRODUZIONE “COOPERATIVA IL CERCHIO” (Al telefono), SIMONE VENTURINI (ASS. POLITICHE SOCIALI COMUNE VE) (Servizio di Ilaria Marchiori)


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