24/09/2025 FAVARO VENETO – “Non ho nulla da dichiarare”. E’ il commento dal citofono di casa dell’ex assessore Renato Boraso, che è tornato libero. Il giudice gli ha revocato gli arresti domiciliari ma non potrà lasciare il comune di Venezia. || “Non ho nulla da dichiarare”. Non vuole aggiungere altro, rispondendo dal citofono della sua abitazione a Favaro Veneto, l’ex assessore comunale alla mobilità, Renato Boraso, coinvolto dell’inchiesta Palude, e tornato libero: dopo 4 mesi rinchiuso nel carcere di Padova e 10 agli arresti domiciliari, dove vive con la moglie e i figli. E’ libero ma non potrà lasciare il comune di Venezia. Visibilmente dimagrito, Boraso, è barricato in casa, non se la sente di rilasciare alcuna dichiarazione ai nostri microfoni. La decisione della revoca dei domiciliari è stata accolta dalla giudice per le udienze preliminari Franceschetti dopo l’istanza presentata dall’avvocato difensore di Boraso, Umberto Pauro, a circa 15 giorni dall’udienza in cui il suo assistito ha patteggiato 3 anni e 10 mesi di reclusione, oltre al pagamento di 308 mila euro (recuperati dalla vendita della casa di montagna), come risarcimento per le dodici accuse di corruzione contestate dalla Procura.In questi giorni qualcuno l’ha visto muoversi per Favaro: piccole uscite, qualcuna col figlio, per riprendere contatto con la realtà. L’ex assessore ha anche ottenuto il permesso di tornare al lavoro, i lavori socialmente utili, presso una cooperativa sociale. C’è chi, però in paese, pensa che Boraso, amatissimo a Favaro, non sia l’unico a dover pagare.Ma per Boraso la vicenda non è conclusa: ora lo attende la maxi udienza preliminare, fissata l’11 dicembre, e che vede coinvolti, tra gli altri, il sindaco Brugnaro, il direttore generale del Comune e capo di gabinetto Ceron, il vice capo di gabinetto Donadini, il magnate cinese Kwong Ching, chiamati a difendersi da accuse di corruzione. (Servizio di Ilaria Marchiori)
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