17/01/2021 TREVISO – E siamo alla rubrica della domenica dedicata agli oggetti della nostra storia. E partiamo da un santino per ricordare il patrono dei nostri animali ma anche per spiegare le origini di un detto comune. || E’ il santo dei nostri animali che chiamiano di compagnia e che da sempre sono domestici. S.Antonio Abate e’ oggi soprattutto il patrono di cani, gatti, canarini o tartarughe, ma nel tempo delle aie e delle stalle anche di galline conigli cavalli buoi e mucche. Non c’era casa dove nelle cucine immense sopra alla madia del pane e della farina accanto al lunario di bepo gobo da casier non ci fosse appeso un santino come questo. Santo invocato specialmente quando in stalla arrivano le malattie o qualche parto si preannunciava difficile che voleva dire fame e carestia per tutta la famiglia. Santo eremita nonostante venisse da una famiglia agiata di agricoltori, ecco il collegamento con la terra. Poi divenne il patrono dei maiali per via del grasso che veniva ricavato e guariva dal terribile sfogo sulla pelle. E qui c’e’ il legame con il detto del “porzel de sant’antoni” ovvero l’animale allevato da tuta una comunita’ che poi serviva per sostenere le famiglie piu’ povere, quasi una Caritas ante litteram. Santo che in questa notte pare parli e faccia parlare gli animali tant’e’che un tempo il filo’ del 17 gennaio era per soli uomini. Non che in stalla venissero organizzate cose a luci rosse, anzi. In questa notte si deve stare in silenzio e con pochissima luce proprio per non disturbare il santo colloquio. Buio che pero’ poteva indurre ad effetti collaterali se oltre ai giovanotti in stalla venivano anche ragazze o giovani donne…… – Intervistati GIANNI MARINI (Pastoria del Borgo Furo), Don ADELINO BORTOLUZZI (Parroco di S.Maria del Rovere) (Servizio di Lucio Zanato)